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Nel 1025 Aldalberone di Laon propone la tripartizione della società in oratores, bellatores e laboratores. Se la categoria dei combattenti non era certamente rapportabile ad alcuna realtà laica presente all'epoca, né specialmente a quella ecclesiastica, è vero d'altra parte che all'interno del ceto cavalleresco esistevano sostanziali differenze.

L'XI secolo, teatro della "rinascita dell'anno 1000", ha osservato il sorgere e la decadenza di elementi funzionali per il Medioevo in maniera violenta e concatenata. L'incremento demografico portava, nelle famiglie del ceto guerriero, alla nascita di numerosi figli maschi cadetti i quali, trovandosi senza feudo, tendevano a cercarlo autonomamente, spesso riunendosi in brigate armate le cui gesta sfociavano a volte in puro brigantaggio o comunque in atti di palese violenza.
Parallelamente la nascita e lo sviluppo dei Comuni toglieva spazio e potere al regime feudale, contrastando con la saldezza economico-sociale borghese il sistema piramidale del feudo.

Il rancore di una società arrogante, improvvisamente sbalzata dal suo podio di comando, potrebbe trovare cause nel decadimento dell'intero sistema feudale. Dal Capitolare di Kiersy di Carlo il Calvo, fino alla Constitutio de Feudis di Corrado II il Salico, il signore o principe feudale perde totalmente il controllo sui sottoposti; vassalli, valvassori e valvassini si trasmettono i feudi in eredità, amministrano la giustizia nei loro territori con tribunali di loro pari, sono esenti dalle tasse nel loro feudo poiché considerato come compenso per il servizio militare offerto (milites) e la carica politica occupata.
La feroce società della bassa-nobiltà scatena specialmente i giovani rampolli alla ricerca di fortuna, in un ideale di vita liberamente ispirato agli eroi dei romanzi cavallereschi, alle gesta di conquista e di eroismo di un Guillaume d'Orange più che di un Roland; si affianca a tutto questo una nuova filosofia di vita, da questi stessi giovani cadetti elaborata, cui accanto alle giostre ed ai tornei, alle avventure violente e alle guerriglie, si affiancano l'amore per la poesia e la passione erotica dell'amor cortese. La castellana si trova ad essere centro delle attenzioni dei giovani vassalli, in un pericoloso gioco di sfida al signore insidiando idealmente la sua donna ma allo stesso tempo entrandone nelle grazie attraverso lei; una dimensione ideale di vita cavalleresca si sovrappone ad una realtà violenta ed avventurosa, che possiamo credere, sulla scorta di differenti ipotesi, sia stata convogliata volontariamente dalla Chiesa nell'omicidio dell'infedele già dal concilio di Narbona nel 1054 (il concetto del milites Christi che Bernardo di Chiaravalle saprà codificare in via definitiva nell'essenza del "malicidio").

I grandi signori feudali si uniscono al movimento della Chiesa delle Paci di Dio non in preda a crisi di misticismo cattolico, ma nella speranza di poter riprendere il controllo su un ceto guerriero ormai a briglie sciolte. Il mito cavalleresco ha smorzato in parte, man mano che la tradizione letteraria lo codificava nella sua forma canonica (passando attraverso il Lancelot en Prose o l'Erec et Enide, o il Cligés, fino al De Amore di Andrea Cappellano) l'irruenza della classe stessa che lo aveva creato? O ne ha forse marcato le caratteristiche di base?
[Modificato da Ashmadaeva 03/02/2009 13:12]