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RELIGIONE ISLAMICA E ASTRONOMIA

Ultimo Aggiornamento: 31/08/2008 14:23
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31/08/2008 14:23

Alcuni collocano la nascita dell'astronomia araba all'epoca in cui alcuni saggi indiani recatisi in visita presso la corte di Al Mansour, califfo di Bagdad nel 744, portarono con loro un trattato di astronomia pratica, che subito fu tradotto in arabo con il titolo di “Tavole astronomiche indiane” (“Zig al Sindhind”, letteralmente canoni indiani) da Ibn Ibrahim al Fazari e da Ya'qub Ibn al Tariq.
La religione islamica poneva all'astronomia un certo numero di problemi. C'era anzitutto la necessità di disporre di un efficiente calendario per osservare le ricorrenze religiose alla data corretta. La seconda indicazione astronomica era quella di fornire al credente una regola semplice ed affidabile, la qibla, per consentirgli di rivolgersi verso la Mecca al momento della preghiera. Un'altra indicazione astronomica era quella di fornire al muezzin il modo per chiamare i fedeli alla preghiera nelle ore prescritte (su certi astrolabi arabi si avevano curve per le ore delle preghiere). Ma non si deve pensare che a motivare lo studio dell'astronomia presso gli Arabi siano state unicamente queste ragioni di carattere pratico. Gli Arabi dimostrarono di possedere un genuino amore per la cultura, esaltandola come un dono prezioso proveniente da Dio. Non poterono quindi non aderire pienamente all'ideale ellenistico di amore per la cultura.

Il tipico manuale astronomico arabo era lo Zij. Il prototipo più antico di Zij era una raccolta delle Tabelle dell'Almagesto, accompagnate da un insieme di regole. Uno Zij di successo fu quello redatto dal famoso Al Khwarizmi, matematico ed astronomo vissuto a Bagdad agli inizi del IX secolo. Oltre alle Tabelle, incorporava anche materiale indiano e persiano. Venne tradotto anche in latino.
Un altro Zij molto importante fu quello redatto da Albatenio (al-Battani, 858 - 929), per gli elementi di novità che conteneva, notevoli tra questi il nuovo valore di obliquità dell'eclittica di 23º 35' e il nuovo valore della longitudine dell'apogeo solare, entrambi trovati da al Battani stesso. Questa seconda scoperta fu di enorme valore perchè sanciva il fatto che l'apogeo solare era mobile (l'astronomia alessandrina non era riuscita a pervenire a questo risultato). Lo Zij di Albatenio incontrò un favore maggiore del precedente perchè si rifaceva a metodi più propriamente tolemaici. Anche l'opera principale di Albatenio De scientia stellarum (nella dizione latina) ebbe larga fama. Gli Zij che seguirono questo, fino al secolo XV, furono compilati sulla falsariga di questo di Al Battani.

La prima traduzione in arabo dell'Almagesto fu eseguita, all'inizio del secolo IX è attribuita per tradizione ad al Haggiag ibn Yussuf ibn Matar su ordine originale del califfo Harum al Rashid, della dinastia Abasside. Al Haggiag, della specola di Bagdad, aveva tradotto anche i primi sei libri di Euclide. Il figlio e successore di al-Rashid, il califfo al-Mamun (786 - 833), fece eseguire due traduzioni. Una di queste, eseguita negli anni 827/827, da al-Haggiag, esiste tutt'ora. L'altra traduzione araba esistente è quella eseguita intorno all'892 da Ishaq ibn Hunayn, e in seguito revisionata da Thabit ibn Qurra.
Al nome del grande ed illuminato sovrano al-Mamun sono legate due eccezionali imprese astronomiche, eseguite da suoi astronomi per suo espresso ordime: (1) la misurazione estremamente precisa di 23º 33' dell'obliquità dell'eclittica, nell'anno 830, e (2) l'altrettanto celebre misura del grado di meridiano, nell'anno 828: due gruppi di astronomi percorsero, in sensi inversi, un tratto di pianura mesopotamica, misurando l'altezza del polo fino a trovare una variazione di un grado, ottenendo il valore di 111.683,12 metri, valore pochissimo diverso dal reale, che alla latitudine media della Mesopotamia è di 110.938,0 metri. E' possibile che a sovraintendere a entrambe le misurazioni sia stato Alfragano (Ahmad ibn Muhammad ibn Kathir al-Farghani), uno degli astronomi di al-Mamun, autore del trattato Elementi di astronomia, uno dei primi notissimi compendi dell'Almagesto, tradotto in seguito da Gerardo da Cremona.

Un altro genere di trattati astronomici arabi furono i commentari all'Almagesto. Col tempo, questi commentari assunsero anche aspetti critici su alcuni punti dell'opera che riuscivano poco covincenti.
La cosmologia tolemaica conobbe un diverso e contraddittorio grado di interesse presso gli Arabi. Si ha la netta impressione che il libro di Tolomeo Ipotesi planetarie abbia avuto una scarsa circolazione nel mondo arabo (per lo meno in confronto all'Almagesto). E' difficile trovare opere arabe nelle quali vengano commentati adeguatamente i due aspetti fondametali della cosmologia tolemaica, e cioè il sistema delle sfere solide annidate e le distanze planetarie. In genere, o è affrontato un argomento o è affrontato l'altro. Nel trattato di cosmologia tolemaica di Thabit, le distanze tra i pianeti sono modificate rispetto a quelle di Tolomeo.
Thabit al Farghani nel suo Elementi di astronomia sembra avere poca dimestichezza con l 'opera Ipotesi planetarie di Tolomeo. E' a conoscenza della teoria classica delle sfere annidate ma procede per suo conto nel calcolo delle distanze.
Un aspetto qualificante dell'astronomia araba fu (malgrado la linea fondamentalmente tolemaica) la presenza di numerose critiche di certi aspetti dell'Almagesto. La prima critica fu certamente quella di aver violato i canoni aristotelici per aver adottato moti non uniformi, e per aver introdotto l'equante. Una prima critica su questo soggetto venne a Tolomeo da al Tusi (1201 - 1274).
Ibn al Haytham arrivò a scrivere un libro intitolato Dubbi su Tolomeo. La critica di Haytham raggiunse forse il vero punto focale perchè egli mise in luce l'assurdità di descrivere dei moti di corpi celesti, sulla base di semplici costruzioni geometriche che non avevano alcun fondamento con la realtà, se non una apparenza visuale. Mosé Maimonide (1135 - 1204,israelita) nella sua Guida per i perplessi negò qualunque valore alle costruzioni geometriche degli epicicli e degli eccentri.

Questa visione critica di Tolomeo si consolidò in un gruppo di astronomi che si associarono in un osservatorio a Maragha, in Persia. Alla metà del XIII secolo, Ulugh Beg, nipote di Gengis Khan, fondatore della dinastia Ilkhani e conquistatore di Persia e Mesopotamia, si lasciò persuadere dall'astronomo Nasir al Din al Tusi a fondare e sostenere un notevole osservatorio a Maragha. Nel 1272 gli astronomi operanti a Maragha completarono un nuovo Zij, le Tavole Ilkhani.
Infine, una notevole modifica a Tolomeo fu prodotta da Ibn al Shatir di Damasco, vissuto dal 1304 al 1375 circa, che eliminò l'equante, soltituendolo con un ulteriore epiciclo. Malgrado queste innovazioni abbiano goduto di larga fama nella comunità scientifica islamica, per le modalità di computo delle posizioni planetarie si continuò a rifarsi alla classica procedura tolemaica. Vedremo che l'innovazione di al Shatir di eliminare l'equante, sarà ripresa da Copernico, che potrebbe averla appresa, secondo il parere di alcuni, durante i suoi prolungati soggiorni in Italia.


http://www.aquilabianca.org
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