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Un complotto del Vaticano? Il libro di Michael Baigent e Richard Leigh

Ultimo Aggiornamento: 08/07/2008 18:34
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08/07/2008 18:34

Un complotto del Vaticano?
Il libro di Michael Baigent e Richard Leigh

"Il mistero del Mar Morto. I rotoli di Qumràn: dalla scoperta all’intrigo", Milano, 1997.

Gli autori e l’orizzonte dei loro “studi”.

Nel risvolto di copertina dell’edizione italiana del libro, Baigent viene definito un “fotografo appassionato di storia dei Templari”, e Leigh un “romanziere con un debole per l’esoterismo”. Assieme ad Henry Lincoln, avevano curato in passato Le avvincenti inchieste storico-esoteriche de Il Santo Graal. Una catena di misteri lunga duemila anni (trad. ital. Milano, 1997) e L’eredità messianica. Compito ed azione segreta della confraternita del Sacro Graal (trad. ital. Milano, 1996), in cui informavano il pubblico dell’esistenza ancor oggi in Europa di seguaci di Gesù che si preparano ad assumere l’egemonia del mondo intero. Tra gli altri titoli dei due autori, tradotti prontamente in italiano, I segreti della Germania nazista: i retroscena più sconvolgenti e le verità mai rivelate sul Terzo Reich durante la seconda guerra mondiale (Roma, 2000) e L’Inquisizione (Milano, 2000). Da parte sua Baigent ha pubblicato L’elisir e la pietra (Milano, 1998) e Misteri antichi (Milano, 1999). Certamente l’interesse dei due autori per l’esoterismo, il mistero e la letteratura scandalistica è marcato; altrettanto marcata la scarsa fedeltà delle loro ricostruzioni, così tipica della letteratura di questo genere.

Il libro su Qumràn ed il giudizio degli studiosi.

Recentemente anche Umberto Eco, elencando i libri che “raccontano panzane” sui Templari, indicava il libro sul Graal di Baigent, Leigh e Lincoln come “il modello di fantastoria più sfacciato”, affermando riguardo agli autori che “la loro malafede è così evidente che il lettore vaccinato può divertirsi come se facesse un gioco di ruolo”1.

Il libro su Qumràn si apre con una poesia ed un ringraziamento ad Ann Evans, che “ci ha incoraggiato nel nostro lavoro e che ora ha trovato una nuova vocazione come medium per l’ombra vagante e inquieta di Jehan l’Ascuiz”…

Il primo annuncio pubblicitario del libro di Baigent e Leigh esordiva: “La verità sul cristianesimo primitivo… soffocata dal Vaticano”. Tutto il libro è pervaso da questa accusa: il Vaticano avrebbe influito pesantemente sulla scelta dell’équipe internazionale per lo studio dei manoscritti, in modo che fosse a lui sottoposta; si sarebbe cercato da parte dell’équipe di tenere nascosti certi frammenti e di creare una interpretazione ufficiale, un consensus ideologicamente orientato, che non mettesse in crisi la teologia cattolica.

L’accusa di Baigent e Leigh, che è la stessa di Robert Eisenman, è stata definita da Hersel Shanks, editore della rivista Biblical Archeological Review, “un’idiozia”2. Il parere di quest’uomo, è significativo: egli è ebreo, e non cristiano; egli è stato tra i pochi che hanno sollecitato, proprio assieme ad Eisenman, la pubblicazione immediata delle fotografie dei testi inediti di Qumràn, con una serie di articoli sulle sue riviste3; è continuamente presentato in ottima luce dai medesimi Baigent e Leigh4. Dello stesso parere due specialisti israeliani che oggi si occupano della conservazione e dell’edizione dei rotoli: per Magen Broshi Il mistero del Mar Morto è “un libro stupido”5, e per Shemaryhau Talmon “indecente”6.

Anche il prof. García Martínez, che pubblicò una lunga recensione del volume sulla Revue de Qumràn, lo ha definito “disonesto”7.

“Penoso esempio di giornalismo giallo”.

Il prof. James C. Vanderkam della Notre Dame University si è espresso in questi termini:

“Dopo una partenza abbastanza buona, il libro degenera rapidamente in un penoso esempio di giornalismo giallo. Gli autori cercano di inculcare nel lettore l’idea che il ritardo nella pubblicazione dei testi fu dovuto al fatto che l’équipe, dominata dai cattolici, era sotto il controllo del Vaticano, il quale, pienamente edotto di quanto stava scritto nei testi inediti, era preoccupato di abolire tutto quello che nei manoscritti potesse denigrare il cristianesimo. R. de Vaux [il direttore dell’équipe, n.d.r.], che quanti lo hanno conosciuto descrivono come una persona gradevole, diventa un mostro che ha guidato e costretto il complotto vaticano ad occultare i manoscritti. Dopo questa distorta e cospicua esibizione di assurdità, i due autori ripropongono una versione variata della teoria di Eisenman sui manoscritti, la quale secondo loro fornisce una risposta soddisfacente ai problemi che l’ipotesi essena non è in grado di risolvere. Il numero di coloro che nel mondo accettano la teoria di Eisenman sale dunque da uno a tre […] Ora che tutti i manoscritti sono a disposizione per essere consultati, nessuno è stato in grado di trovarvi qualcosa di dannoso per il cristianesimo o qualcosa che il Vaticano avrebbe interesse ad occultare. Uno dei benefici effetti collaterali che si sono venuti a creare con il libero accesso ai manoscritti è stato quello di mostrare che la teoria della cospirazione sostenuta da Baigent e Leigh si fonda sul nulla”8.

Le accuse a De Vaux e all’équipe internazionale di studio dei manoscritti.

È interessante sapere che de Vaux e l’École biblique furono invitati a prendersi cura della pubblicazione dei manoscritti su richiesta di un ufficiale belga dell’ONU, il capitano Philippe Lippens, che si trovava nella regione per far rispettare la tregua tra i belligeranti. Essa era una delle poche istituzioni nella parte giordana della città in grado di occuparsi dei rotoli. Baigent e Leigh descrivono padre Roland de Vaux come uno studioso che fece la propria fortuna su Qumràn, e lo dipingono come “un modesto archeologo”. Ebbene, prima del rinvenimento dei rotoli, de Vaux aveva condotto assieme a P. Savignac studi archeologici approfonditi ad Aïn Qedeis nel 1937, a Mâ`in nello stesso anno, poi a Salt, in Transgiordania (1938), e alla montagna di Efraim nel 1946. Nel 1944 aveva lavorato ad Abu Gosh su finanziamento del governo francese; tra il 1945 ed il 1946, con l’autorizzazione del Dipartimento delle Antichità britannico, a 'Ain el-Ma'moudiyeh, vicino al villaggio di Taffûh; su incarico dell’Académie des Inscriptions et Belles-Lettres e con i finanziamenti della Commission des Fouilles du Gouvernement Français lavorò anche al sito di Tell el-Fâr'ah. Il padre de Vaux fu anche chiamato per alcuni scavi a Gerusalemme, prima nel 1956, poi dal 1961 al 1963.

De Vaux è l’autore del noto Istituzioni dell’Antico Testamento, apparso per la prima volta in francese nel 1960, che è ancora uno strumento imprescindibile per la ricerca del settore e continua ad essere riedito in varie lingue e ristampato10. Nel 1971 scrisse una Storia antica di Israele altrettanto nota11. Pubblicò in decine di articoli sulla Revue Biblique i risultati dei suoi scavi su Qumràn, poi raccolti in un volume nel 196112. Fu autore di numerosi studi e traduzioni13. Ma per Baigent e Leigh un uomo che ha dedicato gran parte della sua vita allo studio della Palestina e del suo popolo, era un fascista ed un antisemita, la “persona meno adatta a soprintendere alla ricerca dei manoscritti del Mar Morto”.

La presentazione di de Vaux è una sorta di ritratto di un uomo pericoloso:

“Si era preparato al sacerdozio nel seminario di Saint Sulpice… la sua preparazione dottrinale (!) incluse anche lo studio dell’arabo e dell’aramaico […] Non era solo un cattolico praticante, ma un monaco [era in realtà un frate, non un monaco, n.d.r.], e questa condizione non poteva garantire che egli avesse l’equilibrio e l’imparzialità necessari per gestire una materia tanto delicata e scottante […] Spietato, gretto, bigotto ed estremamente vendicativo”14.

Gli autori, inoltre, paiono dimenticarsi che la tanto vituperata équipe internazionale non fu formata indipendentemente dal de Vaux, ma fu il comitato fiduciario del Museo Rockefeller a chiedere alle scuole archeologiche straniere operanti nella parte giordana di Gerusalemme (inglese, francese, tedesca, americana) di inviare propri rappresentanti, di cui solo qualcuno era cattolico. La mancata presenza di studiosi israeliani, che per gli autori del libro fu segno di parzialità, fu inizialmente imposta dalle autorità giordane; ora che i rotoli appartengono ad Israele e che vi sono diversi studiosi ebrei nell’équipe, quest’accusa non avrebbe più alcun senso di essere ripetuta, come purtroppo avviene ancora.

I manoscritti “nascosti”…

Il libro non manca di altre significative falsità. Gli autori, lamentando la lentezza delle pubblicazioni, arrivano ad affermare che al 1991 “sono stati dati alle stampe solo otto volumi e meno del 25% del materiale, e quelli pubblicati finora sono solo in minima parte documenti importanti”15. Questa ridicola percentuale si ottiene solo se il Rotolo del Tempio, lungo più di 8 metri, viene calcolato come un frammento della grandezza di un francobollo. In realtà nel 1991 restava da pubblicare solo il 20% dei testi, ovvero frammenti delle grotte 4 e 11. Sull’importanza dei frammenti restanti di fronte ai testi pubblicati ormai da decenni, non occorre spendere parole: basterà consultare una raccolta di testi antecedente al 1991,come quella italiana del Moraldi (1986). D’altra parte dal 1991 tutti i testi sono consultabili in fotografia, e oggi praticamente tutti pubblicati e tradotti16. Ad oggi, non esiste più alcun testo inedito o inaccessibile.

… e le accuse al Vaticano.

Non contenti di sparlare di de Vaux e dell’équipe, Baigent e Leigh si occupano dell’École biblique di Gerusalemme, che de Vaux dirigeva, e più in generale degli studi biblici. Una parte del libro è intitolata “Il Vaticano”17, e chiama in causa opinioni di scrittori le cui teorie oggi, ad un secolo di distanza, nessuno, cattolico o non, si sentirebbe di sottoscrivere in uno studio scientifico sulle Scritture (Loisy, Renan, Fogazzaro, Darwin), tutto ciò allo scopo di insinuare nel lettore l’idea di un clima orientato negli studi biblici. La fondazione da parte di padre Albert Lagrange (1855-1938) dell’École biblique è presentata come una tattica papale per respingere le giuste istanze moderniste allo studio storico-critico delle Scritture; il fatto che proprio padre Lagrange fu osteggiato da certi ambienti ecclesiastici perché i suoi metodi filologici innovativi (ed ora ampiamente accettati) parvero in odore di eresia, non è preso in considerazione18. L’École biblique, centro di studio scientifico della Bibbia e della sua storia, viene descritta come una bigotta istituzione19.

Addirittura nello stesso capitolo per ben sette pagine si tratta della Pontificia Commissione Biblica e della Congregazione della Dottrina della Fede, del “Grande Inquisitore” cardinal Ratzinger (ora Papa), del teologo Hans Küng, delle opinioni papali nel campo della morale, dell’infallibilità del papa, della contraccezione. Ci si chiede che cosa altro poteva essere tirato in ballo per inventarsi fandonie di testi nascosti e pericolosi per il cristianesimo, la cui pubblicazione sarebbe stata ritardata. Oggi che i testi sono tutti accessibili, dove sono questi pericoli? È l’unica utile cosa che gli autori, impegnati a dissertare di morale e teologia cattolica, non ci dicono.


http://www.aquilabianca.org
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