00 08/09/2008 21:14



ROMA - Che cosa hanno in comune le madrasse dell'Uzbekistan e di Bagdad, la moschea di Isfahan in Iran e i palazzi sacri di Agra in India o di Herat in Afghanistan? L'impareggiabile maestria delle decorazioni, un complesso sistema di ceramiche ornamentali capaci di creare affascinanti arabeschi geometrici, che si replicano disegnando simmetrie azzardate. Una sorta di "marchio di fabbrica" dell'architettura islamica, che si ritrova costante dall'Asia centrale al Medio Oriente fin dal Medioevo.

Ma dietro quella che sembrava fino a oggi l'abilità certosina di un'affermata scuola artigiana si nascondono sofisticate formule matematiche che l'Occidente avrebbe compreso solo 500 anni dopo, a partire dal 1970. Lo sostiene uno studio americano pubblicato su Science.

Il mistero che sta dietro gli intricati disegni ornamentali delle "tassellature" islamiche è quello che gli scienziati chiamano una geometria "quasi cristallina", uno schema che replica la precisa struttura di un cristallo senza mantenerne l'esatta simmetria. E' una configurazione estremamente complicata da realizzare, che sottintende conoscenze matematiche molto avanzate.

A lungo si è pensato che le decorazioni geometriche tipiche delle architetture islamiche venissero realizzate a forza di compasso e regolo. Ma Peter J. Lu, dell'Università di Harvard, insieme a Paul J. Steinhardt dell'ateneo di Princeton, sostiene invece che questi semplici strumenti non sono sufficienti a spiegare risultati così perfetti, senza distorsioni, ottenuti su superfici così ampie.

Analizzando la struttura degli schemi ornamentali usati su larga scala, i ricercatori hanno individuato un modello complesso, creato partendo da tasselli a stelle e poligoni chiamati "girih", frequente negli edifici islamici sin dal XV secolo. Un disegno elaborato, ma con una simmetria che non si ripete mai uguale, che l'Occidente ha descritto per la prima volta solo negli anni '70 grazie all'intuizione del fisico e matematico britannico Roger Penrose.

"Erano più avanti di noi di almeno 500 anni", spiega a Repubblica.it Peter J. Lu, primo autore della ricerca. E in tempi di "conflitto di civiltà", ciò dovrebbe far riflettere, dice lo scienziato. "Questo dovrebbe dare all'Occidente nuove motivazioni per studiare la cultura e la storia del mondo islamico, particolarmente rilevante nell'attuale contesto geopolitico", continua Lu. "Se il nostro lavoro contribuisse a far luce sui progressi scientifici e matematici del mondo islamico medioevale, sarebbe per me una grande soddisfazione. E magari ne uscirebbe un livello di comprensione maggiore fra due gruppi di persone che al momento non vedono allo stesso modo molte cose".


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