L’Ordine del Tempio (1119-1307)
1. Conquista di Gerusalemme e nascita dell’Ordine del Tempio
Nel secolo XI l’espansione dei potentati islamici, in particolare dei turchi selgiuchidi, rende sempre più pericoloso il pellegrinaggio dei cristiani in Terrasanta. Dopo la riconquista dei Luoghi Santi grazie alla prima crociata (1096-1099) s’impone alla Cristianità il problema della difesa di Gerusalemme e della protezione dei pellegrini, esposti alla minaccia dei musulmani. Troppo spesso i crociati, adempiuto il loro voto, rientravano frettolosamente in Occidente, abbandonando a pochi cavalieri il difficile compito di consolidare il fragile edificio del nuovo Regno cristiano di Gerusalemme.
Perciò un gruppo di cavalieri, guidato da Ugo (1070 ca.-1136), originario di Payns, nella regione francese della Champagne, decide di consacrare la propria vita alla difesa dei pellegrini. Fra quanti iniziano il loro servizio fra il 1118 e il 1119 con il nome di Poveri Cavalieri di Cristo, pronunciando il loro voto nelle mani del patriarca di Gerusalemme, sono figure di spicco della nobiltà. Pochi anni dopo il re di Gerusalemme, Baldovino II (m. 1131), lascerà loro la sua residenza presso il Tempio di Salomone, e da allora verranno chiamati templari.
Nato come risposta a un grave problema della Cristianità, l’Ordine avverte presto l’esigenza di darsi una regola che guidi i cavalieri in modo preciso e che consenta il riconoscimento del loro carisma specifico da parte della Chiesa. Allo scopo nel 1127 Ugo di Payns, con cinque compagni, si reca a Roma per chiedere a Papa Onorio II (1124-1130) un riconoscimento ufficiale. Il 13 gennaio 1128 si riunisce a Troyes, in Francia, un concilio presieduto dal legato pontificio Matteo d’Albano (1085-1134), che approva la regola redatta da san Bernardo (1090-1153), abate di Clairvaux: i templari si configurano come un ordine religioso della Chiesa cattolica, composto monaci combattenti — che costituiscono il nerbo dell’Ordine e che sono distinti dal mantello bianco con la croce rossa —, da sacerdoti per l’assistenza spirituale e da sergenti con compiti logistici e di supporto. Il 29 marzo 1139 Papa Innocenzo II (1130-1143) promulga la bolla Omne datum optimum, che dà ai templari una serie di privilegi, fra cui l’esenzione dalla giurisdizione episcopale e dal pagamento delle decime. La rispondenza dell’Ordine a un’esigenza di vitale importanza per la Cristianità, sia d’Occidente che d’Oriente, favorisce un notevole afflusso di donazioni e di cavalieri.
Per definire la vocazione e la figura del templare negli anni 1130 san Bernardo compone un’esortazione dal titolo De laude novae militiae, che delinea la figura del religioso-cavaliere: "Questo cavaliere di Cristo è un crociato permanente, impegnato in un duplice combattimento: contro la carne e il sangue, contro le potenze spirituali nei cieli [...]. Ha rivestito il petto con la cotta di maglia, l’anima con l’armatura della fede. Munito di queste due difese non teme l’uomo né il demonio. Avanzate dunque con sicurezza, cavalieri, e scacciate davanti a voi, con cuore intrepido, i nemici della croce di Cristo: né la morte né la vita, ne siete sicuri, vi potranno separare dal suo amore [...]. Com’è glorioso il vostro ritorno da vincitori nel combattimento! Com’è felice la vostra morte da martiri in combattimento!".
L’epopea dell’Ordine
L’assolvimento dei propri compiti — soprattutto quello di garantire la sicurezza delle strade che portano dal mare a Gerusalemme — comporta il coinvolgimento dell’Ordine nella permanente conflittualità della Terrasanta. Un documento del 1132 attesta: "Non crediamo che i fedeli possano misconoscere che consolazione e che assistenza i cavalieri del Tempio diano agli indigeni, ai pellegrini, ai poveri e a quanti vogliono recarsi al Sepolcro del Signore". L’impegno è testimoniato anche dal numero di caduti, sia semplici cavalieri sia maestri dell’Ordine.
Nel 1138, dopo aver liberato Teqoa, caduta nelle mani dei turchi, i cavalieri del Tempio vengono tutti uccisi da costoro, ritornati in forze. Durante la seconda crociata (1147-1149), guidata da re Luigi VII di Francia Capetingio (1120 ca.-1180), nel giorno dell’Epifania del 1148 l’intero esercito cristiano, avventuratosi imprudentemente in una gola, viene salvato dai cavalieri agli ordini del futuro maestro Everardo di Barres (m. 1174), cui il re affida poi la sicurezza dell’intera spedizione. Da allora i templari s’affermano sempre più come riferimento imprescindibile di qualsiasi azione cristiana in Terrasanta e sviluppano un autonomo punto di vista sulla situazione, gestendo in prima persona anche vere e proprie relazioni diplomatiche con la parte avversa e guadagnandosi l’ostilità di forze che poi sarebbero state all’origine della loro rovina. Nel 1174 sale sul trono del Regno di Gerusalemme Baldovino IV (1160-1185), un ragazzo lebbroso, che in undici anni di regno non sarà mai sconfitto. L’episodio più rappresentativo di questo trionfo della fede sul meschino calcolo politico è la battaglia di Montgisard, dove il 22 novembre 1177 500 cavalieri cristiani, di cui 80 templari della guarnigione di Gaza, sconfiggono 30 mila mamelucchi di Saladino (1138-1193), sultano d’Egitto. Dopo questo felice periodo se ne apre uno oscuro, che culmina nella terribile sconfitta di Hattin, in Palestina, del 4 luglio 1187 — in cui i cavalieri cristiani sono annientati dalle forze di Saladino e viene catturato lo stesso maestro dell’Ordine Gerardo di Ridefort (m. 1189) con il nuovo re di Gerusalemme, Guido di Lusignano (1129-1194) — e nella caduta della Città Santa, il 2 ottobre successivo.
La tragica situazione della Terrasanta nel 1190 muove Filippo II Augusto Capetingio (1165-1233), re di Francia, ed Enrico II Plantageneto (1133-1189), re d’Inghilterra, a porre fine ai contrasti dinastici che li dividono e a farsi crociati per riconquistare i Luoghi Santi. Ma Gerusalemme viene restituita ai cristiani soltanto con il trattato di Giaffa, del 1229, concluso dall’imperatore Federico II di Hohenstaufen (1194-1250), allora scomunicato, nel tentativo di risollevare il proprio prestigio; ma sono lasciate ai turchi alcune aree, fra cui il Tempio di Salomone e altri Luoghi Santi, e a condizione che la città non venga fortificata. Questa soluzione si rivela disastrosa dal momento che Gerusalemme viene più volte saccheggiata dai saraceni. Per vendicarsi dell’ostilità dei templari, Federico II assedia il loro castello di Acri, ma deve imbarcarsi frettolosamente, inseguito dalla popolazione in rivolta. Nel corso del decennio successivo i templari tornano in possesso della loro casa di Gerusalemme e tentano di fortificare la città, che però viene conquistata nel 1244 dai musulmani d’Egitto. Poco dopo lo stesso maestro del Tempio, Armando di Périgord (m. 1244), viene ucciso in battaglia presso Gaza. Da questo momento Gerusalemme può considerarsi definitivamente perduta. Nello stesso anno prende la croce il re di Francia Luigi IX il Santo Capetingio (1215-1270), che con grande valore, nonostante l’ostilità di Federico II, che informa i musulmani d’Egitto sui preparativi della crociata, riesce a mettere ordine nel Regno di Gerusalemme, cui garantisce dieci anni di pace. A causa delle insanabili contese intestine a sfondo commerciale fra le forze cristiane, il Regno si avvia però alla sua scomparsa.
L’ultimo atto è costituito dall’assedio di San Giovanni d’Acri, dove le poche forze cristiane, ritrovata una ormai militarmente inutile armonia, resistono eroicamente ai 220 mila uomini del sultano al-Ashraf Khalil (m. 1293), dal 5 aprile al 28 maggio 1291. Poiché la situazione è divenuta insostenibile, la popolazione viene imbarcata sotto la protezione dei templari, la cui resistenza è vinta solo violando due volte le condizioni di resa e riuscendo così a uccidere l’unico dignitario superstite, il maresciallo del Tempio Pietro di Sevry (m. 1291). Gli ultimi cavalieri, vista la perfidia del nemico, rinunciano a ogni trattativa e s’asserragliano nella torre del convento, che i mamelucchi faranno crollare venendone a loro volta schiacciati in duemila.
Il processo ai templari e la fine dell’Ordine
Il 13 ottobre 1307, all’alba, tutti i templari di Francia vengono arrestati nelle loro case per ordine di re Filippo IV il Bello Capetingio (1268-1314). L’accusa, contenuta in un libello redatto dal cancelliere del regno Guglielmo di Nogaret (1260 ca.-1313), parla di pratiche idolatriche e di sodomia.
Sono trascorsi sedici anni dalla caduta di San Giovanni d’Acri e mentre i governanti degli Stati cristiani, al di là di formali dichiarazioni d’intenti, non vogliono più occuparsi della crociata, l’Ordine continua a lavorare per prepararne una nuova. La prosperità economica dei templari diviene oggetto di grande invidia e, probabilmente, anche di notevoli esagerazioni, che saranno loro fatali. In questo clima di crepuscolo degl’ideali della Cristianità, per dare un’impressione di slancio riformatore si tenta di unificare gli Ordini militari, asseritamente per evitare inutili duplicazioni e sprechi di risorse; ma il maestro Jacques de Molay (1243 ca.-1314), in una memoria a Papa Bonifacio VIII (1295-1303), sottolinea la differenza di carismi fra i diversi Ordini e l’inopportunità di un tale provvedimento.
Dopo il fulmineo arresto in massa le fasi del processo, che doveva essere riservato all’autorità ecclesiastica e che viene invece condotto in gran parte, in spregio a ogni regola vigente, da funzionari del Regno di Francia, non portano ad alcuna conclusione, salvo le confessioni, spesso discordanti, dei cavalieri sottoposti a tortura. Nonostante le pressioni francesi nessun altro governante d’Europa aderisce alla persecuzione dell’Ordine, mentre il re di Francia s’affretta a impadronirsi di tutti i beni del Tempio. Dopo tre anni di continui abusi nei confronti dei templari detenuti, e nel timore che ulteriori dilazioni portino alla nascita di un movimento di efficace difesa dell’Ordine, l’11 maggio 1310 il concilio provinciale di Sens, presieduto dall’arcivescovo, Filippo di Marigny (1250 ca.-1316), di personale nomina regia, condanna a morte cinquantaquattro templari come eretici relapsi, cioè ricaduti, perché, dopo aver negato le accuse, avevano confessato sotto tortura. Il re chiede una condanna pontificia dell’Ordine, ma Papa Clemente V (1305-1314), benché politicamente in balìa del sovrano, si limita a decretarne lo scioglimento con la bolla Vox in excelso, del 22 marzo 1312, e a devolverne i beni, con la bolla Ad providam, del successivo 2 maggio, all’Ordine degli Ospedalieri di San Giovanni di Gerusalemme e, nei regni iberici, agli ordini cavallereschi nazionali, che conducono la crociata contro i mori. Il 18 marzo 1314 si consuma l’ultimo atto della vicenda: alla proclamazione pubblica della sentenza di condanna alla prigione perpetua di Jacques de Molay e degli altri tre dignitari superstiti, il maestro del Tempio e Geoffroy de Charnay (m. 1314) affermano a gran voce, davanti a una gran folla, che la regola del Tempio era santa e cattolica, che tutte le confessioni erano state estorte sotto tortura e che nessuno aveva mai commesso le colpe loro attribuite. I due templari salgono sul rogo subito approntato come relapsi e muoiono con sereno coraggio, volgendo il viso verso la cattedrale di Notre-Dame.
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